Sa Corona Arrùbia

Domus de Janas "Sa Domu de S'Orcu" - Setzu

In questo importante monumento della Sardegna preistorica si incontrano due entità che popolano il mondo sovrannaturale della tradizione isolana: le fate “Janas” e il terribile “Orcu”. Tali figure venivano utilizzate per spiegare eventi e manifestazioni materiali altrimenti incomprensibili, come nel caso delle antiche tombe ipogeiche ritenute “Domus de Janas”, ovvero case di fate. La fantasia locale vuole però che ad abitare l’ipogeo di Setzu, zeppo di ossa umane, fu il terribile “Orcu” mangiatore di uomini, da cui il nome “Sa Domu de S’Orcu”.

Gli sviluppi dell’archeologia moderna hanno da tempo smentito le pur affascinanti fantasie locali. Infatti le tombe a grotticella, come quelle di “Sa Domu de S’Orcu”, risalgono ad un periodo compreso tra la fine del Neolitico (4000-3500 a. C.) e l’Età del Rame (3500-2300 a. C.). È in quest’epoca che il territorio attorno alla Giara inizia a essere popolato in maniera capillare con piccoli insediamenti agricoli, i cui abitanti seppellivano i morti negli ipogei scavati nella roccia chiamati solo in epoca recente “Domus de Janas”. Le prime sepolture ipogeiche sarde (necropoli di Cuccuru s’Arriu-Cabras), con cella a “forno” accessibile da un pozzetto verticale, contenevano un solo defunto accompagnato da un ricco corredo. Da queste prime manifestazioni (4500 a. C. circa) si sviluppano le più complesse “Domus de Janas” al cui interno erano sepolte diverse decine di individui.

La tomba di “Sa Domu de S’Orcu” presenta una planimetria articolata, con un breve atrio e sei vani di varie dimensioni. Le due celle principali (A-B) sono disposte sullo stesso asse dell’ingresso e presentano, entrambe sulla parete destra, un portello che immette in un vano secondario (C-D), ulteriormente complicato da una piccola celletta nella parete sud-orientale (C1-D1). È possibile che la planimetria definitiva della sepoltura sia il risultato di interventi successivi, finalizzati ad ampliare lo spazio per nuove deposizioni. Giovanni Lilliu, che visitò la sepoltura nel 1939, riconobbe negli angoli delle celle le tracce degli strumenti in pietra con cui fu scavato l’ipogeo e segnalò la presenza di “due fori per paletto agli angoli superiori esterni dello stipite” del portello d’ingresso.
Domus de janas â₁“Sa domu ‘e s’Orku†di Setzu