Sa Corona Arrùbia

Segariu

Segariu (1315 abitanti) è facilmente raggiungibile dalla SS.131 (40° km) dopo aver percorso 6 km e attraversato il paese di Furtei. Adagiato su una stretta valle racchiusa tra fertili colline, il Comune (16,68 kmq.) si allunga al di qua e al di là del Rio Pau che, intersecandosi con il Rio Lanessi, descrive una grande Y all’interno della quale e lungo la quale la piccola comunità vive ed opera.
 
Le origini del paese sono remote. Rimangono alcune Domus de Janas in località Sa Gisterra nei pressi della grotta Sa rutta‘e s’allumiu e diversi Nuraghi: Fragh’e Morus, Sant’Antoni, etc. Nel ‘300 Segariu subisce un drammatico tracollo demografico e alla fine del ‘400 risulta quasi disabitato. Al periodo risalgono le rovine di un antico maniero Sa Moba‘e Casteddu posto in cima ad un colle, di forma troncoconica, che s’innalza in prossimità dell’abitato.
 
Devoto al culto dell’acqua fin dall’antichità, Segariu era conosciuto come il paese delle sette chiese e delle sette sorgenti: delle prime solo la Parrocchia di S. Giorgio, il patrono, e la chiesetta campestre di S. Antonio da Padova esistono tuttora e sono luogo di preghiera, mentre delle seconde solo Sa Spendula ancora riversa la sua acqua. La chiesa campestre di S. Antonio da Padova, più piccola ma anche più antica, sorge in località su Pranu. Ad unica aula, absidata, si eleva su un alto zoccolo ed è fiancheggiata da una sacrestia posticcia. L’architettura snella, le arcatelle pensili laterali e le monofore absidali dai tagli ogivali, sintomo del nascente gusto gotico, la collocano a cavallo tra il XIII e il XIV sec. Di notevole interesse è la presenza di un pozzo cui si accede attraverso una botola che si apre su una gradinata, segno della presenza di un precedente culto ctonico delle acque profonde, connesso con riti ciclici funebri di tipo agrario.
 
Fino agli anni ’70 Segariu era rinomata per la produzione di tegole, commercializzate in buona parte della provincia e oltre. La tecnica usata, complessa e laboriosa, richiedeva la collaborazione d’interi nuclei familiari che, dopo il raccolto, s’improvvisavano piccoli imprenditori e artigiani. Per comprendere il mondo de is tebaius occorre calarsi nella realtà dei primi anni ’50, nel II dopoguerra, quando ancora il paese viveva di un’economia agropastorale, integrata qualche attività artigianale, in una Sardegna fresca d’Autonomia a statuto speciale che stentava ad organizzarsi. I rapporti di lavoro erano regolati secondo la logica de su serbidori, su sotzu, su boinargiu, s’affittuariu, su mesapparista, su pastori e s’ammintadori, figure che il tempo e l’evolversi della società hanno eliminato. Oggi il Museo delle Argille di Segariu ripercorre in parte la storia di quest’antica tradizione.